Una storia che non ti aspetti: la miniera di Pasquasia ad Enna e la verità mai raccontata
Miniera di Pasquasia: lavoro, amianto, mafia e inchieste. Un caso mai risolto, ma vicinissimo a te.

La Miniera di Pasquasia: amianto, tumori e inchieste scandalo
La miniera di Pasquasia, a circa 18 km da Enna, è stata per decenni la principale estrazione di sali potassici in Sicilia: una fonte di lavoro che ha alimentato l’economia isolana dal 1959 al 1992, con 500 dipendenti e un'indotto diffuso tra Enna e Caltanissetta.
Ma nel 1992, la produzione si fermò bruscamente: la società Italkali, in apparenza per problemi di inquinamento del fiume Morello, chiuse i cantieri. Ciò ha generato un mistero avvelenato che dura ancora oggi: abbandono, scorie tossiche, bocciature alla bonifica, e un affascinante quanto inquietante piano di stoccaggio di scorie radioattive e amianto all’interno delle gallerie.
Oggi, la miniera — collocata su 70 ettari con quattro pozzi fino a 1 km di profondità — è un vero e proprio caso di archeologia industriale, tra rovine di capannoni, il lago artificiale di Morello, e una storia che mescola potenziale scientifico, inquinamento e gestione criminale.
Amianto, mafia e indagini aperte: un piano mai chiuso
Nel cuore delle ex gallerie rimangono migliaia di tonnellate di amianto, con documenti che riportano Cesio-137 nelle falde circostanti e ipotesi di inchieste ambientali archiviate nel 2003.
Lo studio FAI segnala come Pasquasia sia stata inclusa tra i possibili depositi ufficiali di fibre killer, e nel 2008 una Commissione Regionale ha imposto il segreto di Stato, alimentando sospetti su ciò che è davvero stato interrato — rifiuti ospedalieri, industriali, forse radioattivi.
La miniera necessiterebbe di una bonifica decennale: nel 2002 l’ARPA avviò piani di caratterizzazione, nel 2013 furono stanziati fondi per iniziare lo smaltimento di amianto e oli cancerogeni, ma ad oggi quell’area rimane una bomba ecologica inesplosa.
Curiosità
Nel 2023, l’esperto Mauro Crisafulli ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio per chiedere chiarimenti ufficiali sulle motivazioni nascosta dietro la chiusura, sottolineando il “picco di tumori” registrato nelle aree limitrofe